mercoledì 29 febbraio 2012

Mi dimetto


Mi dimetto dalla mia vita. L’ho deciso. Ho incontrato un viaggiatore alla stazione, senza volto, mi chiedeva un soldo. Gli ho dato un cazzotto, uccidendolo. Mi dimetto dalla mia vita. Ho incontrato un compagno su un marciapiede. Ho finito per ammazzarlo con la bocca aperta sul bordo del cemento: il suo corpo si è spezzato a metà. Mi dimetto dalla mia vita. Ho assassinato la mia anima e il mio corpo con litri e litri di lamentele, con giorni persi senza sorrisi, con fiamme di rabbia che mi hanno tagliato la gola a morsi. Mi dimetto dalla mia vita. Prendo l’anima a calci, e se non la vedo prendo a cazzotti il vento, al buio; stringo i pugni e li tiro all’aria.
Sono affannato. Il respiro è un mostro marino che ha appena finito di ingerire il mondo. Sento che qualcosa sta per cambiare. Mi dimetto dalla mia vita. Ecco, vedo una bambina venire verso di me. È circondata dall’alba, senza sfondi precisi. È vestita di rugiada. Sorride. Mi viene incontro e mi abbraccia. Per un attimo sorridiamo. Poi, il mio coltello entra nella sua tenera carne. La pugnalo alle spalle. E mentre la pugnalo, piango. Lacrime e sangue non sono mai state così vicine. Si mischiano fino a formare fiotti di fiumi che bagnano la mia colpa, senza farmi sentire male.
Sono un assassino. Non ho mai saputo far altro della mia vita. Ho appena ucciso una bambina. Forse nessuno dovrebbe vedere queste parole che scrivo per il solo gusto di celebrare le mie vittorie. Mi dimetto dalla mia vita, ho deciso. L’ho deciso per sempre. L’assassino che è in me morirà con me. O forse no. Mi dimetto dalla mia vita. Voglio nascere ape, se rinasco. Così da non sentire la colpa.
Le api non sentono la colpa. Quando provano dolore volano via.
Raffaele Nappi

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