domenica 27 maggio 2012

I Sogni


Fadi era solito restare fermo nel suo angolino a pensare. Era introverso, preferiva ascoltare piuttosto che gridare. Giocava poche volte con gli altri. Dhaki amava leggere i libri, specialmente quelli pieni di figure tutte colorate, e si divertiva a ricopiarle nel suo quaderno tutto speciale. Anuar amava stare all’aperto, scappava sempre in giro verso qualcosa o qualcuno, correva, correva, correva. Fin quando non si arrestava all’improvviso, tutto stanco ma sorridente. Amir era il più piccolo dei suoi fratelli. Tutti lo coccolavano, tranne il padre, che diceva sempre che troppo amore, alla lunga, gli avrebbe fatto male. Ayman, invece, seguiva alla lettera tutto quello che gli dicevano i suoi genitori; aveva paura di essere rimproverato. Basim gioiva come un matto quando si ritrovava con gli amici per giocare. E sorrideva. Fares era orgoglioso e fiero; si esercitava con la sua spada di carta e la guerra, lui, l’aveva vista solo per gioco, nella sua piccola stanza. Hamzi era forte, nonostante il suo corpo fosse così arzillo; si divertiva ad alzare una sedia con tutt’e due le braccia per dimostrare al padre di cosa fosse capace. Ihlam volava con il pensiero prima di tutti; era così brava in classe da far spavento. Amira era bellissima. Nessuno aveva mai visto una bambina così splendida da secoli.

Venerdì, con un gesto di violenza inaudita, l’esercito siriano ha ucciso centinaia di persone ad Hula. In un attimo si sono spenti i sogni di 32 bambini. Ora giacciono avvolti in coperte bianche, macchiate di rosso. Da quando hanno avuto inizio le violenze in Siria il bilancio totale dei morti è di 11.675, tra cui oltre 1.100 (millecento) bambini e 232 donne. Dietro ogni numero c’è una storia. Dietro ogni storia c’è una paura. La paura di vivere l’inferno, e la speranza di uscirne al più presto.

Dedicato a millecento sogni infranti

Raffaele Nappi

sabato 26 maggio 2012

Cine-Ma: Pulp Fiction


Pulp Fiction U.S.A. 1994, di QUENTIN TARANTINO, con JOHN TRAVOLTA, SAMUEL L. JACKSON,TIM ROTH, AMANDA PLUMMER, ERIC STOLTZ.

 Come primo film a colori proponiamo uno dei film più acclamati dal pubblico giovanile- e non solo- degli anni ’90. Pulp fiction è la seconda fatica del regista italo-americano, all’epoca (nel ’94) poco più che trentenne, che ha suscitato scalpore per le sue scene eccessivamente cruente e contraddittorie. Nonostante non si possa negare il virtuosismo tecnico e la particolarità della sceneggiatura, che non a caso è stata premiata con l’Oscar a Hollywood e la Palma d’oro a Cannes, un cinefilo saprebbe riconoscere senza particolari difficoltà le numerose e continue citazioni da cui Tarantino attinge: Jules Winnfield e Vincent Vega ad esempio rimandano a Frank Webster e David Catania, i due killer statunitensi de “La mala ordina” che hanno il compito di trovare il piccolo sfruttatore di prostitute Luca Canali; la scena paradossale dello stupro omosessuale del boss Marcellus Wallace è un estremizzazione della medesima in “Un tranquillo weekend di paura” di John Boorman; la frase rivolta da Bruce Willis a Zed fu originariamente utilizzata da John Wayne in “Un dollaro d’onore” di Howard Hawks, altro regista da cui prende vari spunti. Il mexican standoff finale è un omaggio a “Il buono,il brutto e il cattivo” di Sergio Leone.

La pellicola si divide in quattro episodi che, nonostante non seguano un ordine temporale logico, alla fine si intrecceranno tra loro e sfoceranno nel la situazione Bonnie; l’epilogo si riallaccia a sua volta alla scena iniziale del film, andando a chiudere un cerchio temporale volutamente illusorio. Tutti gli episodi che ci vengono presentati hanno in comune l’evento del paradosso che ha il potere di sovvertire la quotidianità: Jules che cita la Bibbia prima di freddare le vittime; i due killer che scampano ad una raffica di mitra a pochi mitra di distanza (intervento divino o pura coincidenza?); la siringa di adrenalina che Vincent, tremolante, è costretto a conficcare nel petto di Mia (moglie del boss) che va in overdose dopo aver sniffato eroina; il boss stesso che, dopo aver incontrato ed inseguito il pugile che lo aveva tradito, subisce una tortura sodomita da un poliziotto schizoide in un negozio di ferramenta nel quale era entrato per caso; l’hitman bianco Vincent che viene banalmente ucciso dalla sua stessa vittima a causa di un “bisogno” improvviso; infine ancora entrambi i killer costretti a ripulire la loro auto da sangue e frammenti di cervello per aver fatto casualmente saltare in aria la testa di un traditore del boss Wallace. In conclusione possiamo aggiungere che Pulp Fiction è sicuramente un cult: nonostante le continue citazioni e allusioni resta comunque un film a suo modo originale.

Marco e Domenico

martedì 22 maggio 2012

Il giorno di dolore che uno ha



Salvatore Bua ha aspettato sei mesi prima di abbandonarsi alla disperazione. Ha preso un filo elettrico, l’ha legato alla trave e ha fatto un passo nel vuoto. Sei mesi di delusioni. Sei mesi di speranze disattese. Sei mesi da quando aveva perso il lavoro. Salvatore Bua aveva 3 figli e viveva a Gravina di Catania. Era un muratore, aveva lavorato anche in Svizzera. Lo ha trovato la moglie, appeso al vuoto, oramai senza vita. Salvatore Bua non ce l’ha fatta. Non ha resistito alla vita sporcata dalle delusioni, a quella dignità calpestata davanti ai propri figli. Salvatore Bua è l’ultimo di una lunga serie di storie tristi, di uomini che hanno mollato le redini e hanno deciso di arrendersi alla vita. Nessuno lo giustifica e nessuno gli dà colpa. Salvatore Bua ha preso una decisione. Nessuno potrà mai arrivare a capire il grido muto di questi lavoratori immensi e deboli, nessuno riuscirà a comprendere le ragioni per cui si fa strada nelle loro anime l’abbandono.
Se solo avesse saputo. Se solo avesse aspettato ancora qualche ora. Il telefono a casa di Salvatore Bua è squillato, all’improvviso, scuotendo il silenzio di morte. Se solo avesse saputo. Lì, attaccato a quel telefono c’era la speranza, c’era una nuova proposta di lavoro, c’era la ruota che tornava a girare. La ruota che tornava a girare. Il vento in poppa, che prima o poi arriva. Salvatore Bua non ha avuto la forza di aspettare, e, ora, fa rabbia raccontare il suo destino. Questa storia, però, potrà essere raccontata a tutti coloro che ora, come uomini e come mortali, si sento vinti dalla vita. Aspettate. Mio Dio, aspettate. Perché la ruota tornerà a girare, il vento soffierà sulle nostre vele, il sole tornerà a battere. Aspettate. Perché la notte, prima o poi, passerà.

Raffaele Nappi

domenica 20 maggio 2012

E adesso ammazzateci tutti

It is not true. There is a limit to evil, no boundaries of humanity to overcome, there is no moral law to be overcome. A morning of terror has shocked a country already too fragile. But do not talk about borders exceeded. The Mafia has never had a border. He had no boundaries when it dissolved in the acid kids, had no boundaries when it disintegrated a piece of highway, had no boundaries when he killed women without dirtying your hands. The Mafia is an octopus that has too long been taken for the state. The judges are too often trapped by the silence that was clothed in solitude. Every Italian citizen learns to feel when it is a killing to join. And all that comes after death is like life too much to look at the death. it is only death that responds to the death. There is bitterness in my words and the desire to be wrong. The true face of Italy lurks in those spontaneous demonstrations, there is no lesson that takes into tears in front of the girls. The best answer, the answer to life, not death, will start Monday morning, the bell rings. Who will be there, ready to go, without thinking of anything else, has won the biggest challenge. Melissa will remain in memory. Those cowards will be caught. And forget about. Become nothing. Even anger. We honor her.

Raffaele Nappi

martedì 15 maggio 2012

La parola più bella del mondo


 La mia parola è bicchiere. Suona strana, lo so. È buffo. Il bicchiere non è mai sazio. Resta al suo posto per ore, giorni e anni, prima di entrare in uso. Nelle antiche ville abbandonate la polvere arriva a baciarlo, rendendolo di un grigio sabaudo. Nei piccoli appartamenti di città il bicchiere è viscido, sempre unto. L’acqua rimane incastrata a gocce sul suo bordo, pronto per essere riutilizzato. Il bicchiere è trasparente, deforma la realtà che ci vedi intorno, cambia l’orizzonte che ne attraversa il diametro. Il bicchiere può trasformarsi in mille oggetti, può assumere i contorni più bizzarri, può dimenarsi nella fantasia. Il suo compito, quello, non cambia mai. Il bicchiere è uno dei pochi oggetti democratici di oggi. Il bicchiere è sempre pronto a raccogliere ogni minimo dettaglio. Il bicchiere sa che potrà ricevere solo chi davvero è giusto; il resto striscerà lungo i bordi.

Il bicchiere è ciò che più trasmette il senso di solidarietà. Esso è pronto ad accogliere l’Altro rendendolo ospite gradito. Il bicchiere non è mai sazio. E anche quando si ritorce, timido e a testa in giù di fianco alle stoviglie, il bicchiere trema di gioia all’attimo in cui viene sfiorato. Sa che è di nuovo il suo momento. E allora piange.

Raffaele Nappi

sabato 12 maggio 2012

Cine-ma, Quarto Potere




Quarto potere Usa 1941 di ORSON WELLES con ORSON WELLEWS, EVERETT SLOANE, PAUL STEWART, JOSEPH COTTEN, ALAN LADD, AGNES MOOREHEAD.

Avere 25 anni ed essere già un genio. È il primo pensiero che ci è venuto in mente perché nessuno mai nella storia del cinema, e non solo, aveva portato uno dei progetti più ambiziosi ed innovativi mai realizzati. Di certo non ci si sarebbe potuto aspettare di meno dall’uomo che solo tre anni prima aveva sconvolto l’America intera annunciando una finta invasione aliena durante il programma radiofonico la Guerra dei Mondi.

La vita di Charles F. Kane, liberamente ispirata a quella del magnate William Randolph Hearst e interpretata dallo stesso Welles, è l’emblema del sogno americano, non però quello che conduce alla  perenne serenità ma ad un percorso degenerativo che si aggrava giorno dopo giorno fino all’autodistruzione, la disperazione e l’isolamento. Ed è proprio così che Welles decide di iniziare, mostrandoci un Charles F. Kane solo e abbandonato nella sua residenza imperiale di Xanadu persino dagli affetti più cari: un impero che poi gli si ritorce contro. Attraverso il primo dei sei flashback presenti nel film notiamo che il futuro magnate viene dato in affidamento ad un banchiere dalla propria famiglia in modo da amministrare, una volta cresciuto, l’enorme fortuna ereditata. Nella sequenza successiva si vede Charles divenire titolare dell’ Inquirer attraverso cui già emerge il suo carattere ambizioso ed il suo atteggiamento anticonformista. Non a caso viene amato e odiato allo stesso tempo da moltissimi; si contrappone persino al suo tutore, il banchiere Tatcher; lo vediamo prima appoggiare e poi attaccare personaggi a lui vicini, sottovalutare o sovrastimare eventi; sposarsi due volte ma mai per amore; candidarsi come governatore ma rinunciare all’ultimo per evitare uno scandalo per tradimento. Infine sposare proprio la stessa amante. In effetti il puzzle che Welles ci presenta non riesce alla fine a ricostruire chiaramente la personalità di Kane
 Il tutto è reso ancora più complesso e misterioso dalla presenza dell’inconoscibile Rosabella che si presume sia la chiave di lettura e di comprensione dell’intera storia. Varie e numerose sono state le interpretazioni che critici e non hanno tentato di dare su chi sia o cosa fosse realmente Rosabella, un mistero tuttora irrisolto che continua ad essere un punto interrogativo per coloro che non sono convinti che la stessa sia semplicemente una slitta! In conclusione aggiungiamo solo un piccolissimo particolare: a Welles non è stato più permesso lavorare ad Hollywood dopo “Quarto potere”.
Domenico e Marco

NO alla chiusura del Manifesto!


Anche io dico NO ALLA CHIUSURA DEL MANIFESTO. Il governo metta subito le mani al fondo all'editoria!


Raffaele Nappi

giovedì 10 maggio 2012

Libero Razzismo


Gentile Redazione,
sono uno studente di giornalismo e ho 22 anni. Mi chiedo come possiate mandare in stampa articoli come quello di Gilberto Onesto “In Italia gli immigrati evadono decine di miliardi” uscito questa mattina sul vostro giornale a pagina 15. Prima se la prende con i cinesi, rei di mandare soldi alle proprie famiglie in patria, poi è la volta degli immigrati “clandestini”, colpevoli di evadere le tasse. Ma tutto questo non è paragonabile al vero colpo di genio del giornalista: far pagare una tassa di ospitalità a tutti gli immigrati per aver sfruttato la civiltà che noi indigeni abbiamo creato con tanti sforzi durante secoli. Un bollo facile da riscuotere, insomma. Un marchio da stampare sul volto dei nostri ospiti. Le vorrei ricordare che la civiltà, se proprio ne vogliamo parlare, è nata in Africa 4 milioni di anni fa a sud-est del lago Turkana, in Kenya e che l’articolo pubblicato non rispetta le norme stabilite dalla Carta di Roma. Le allego la foto dello scontrino ricevuto da un commerciante straniero dopo un acquisto nel suo chioschetto ambulante. Un esempio vero di civiltà per tutti noi italiani.

Raffaele Nappi

mercoledì 9 maggio 2012

In Memoriam



Proiettili. Migliaia di proiettili lanciati nell’aria, che disegnano scie infinite e inestricabili. Migliaia di bossoli sparsi nel vuoto, a perforare le nuvole, a baciare il vento. Sono lucidi mentre danzano immersi nel riflesso del sole. Scorrono veloci come fendenti fino a intrappolarsi nella carne. Poi, una volta giunti a destinazione, rimangono infetti nelle anime di chi hanno abitato. Agitano il ricordo, spargono lacrime. Commuovono il mondo. O forse no. Rimescolano le carte del destino, o forse lo intrappolano in un futuro già scritto. Eseguono gli ordini.
Dietro ogni proiettile c’è una pistola, un mitra, un fucile, un’arma. Dietro ogni arma c’è una mano. Dietro ogni mano c’è un uomo. Dietro ogni uomo c’è un cuore, un’anima. Dietro ogni anima c’è un colpevole e un vincitore. Dietro ogni colpevole c’è una vittima. Una vittima di mafia, di camorra, di terrorismo. Una vittima della società. Una vittima che non avrà pace perché morta ingiustamente. Una vittima che pensa sulla coscienza di tutti e di nessuno. Una vittima che forse è meglio dimenticare.
E allora dimentichiamo bellamente tutti insieme. Lasciamo sospesi nel ricordo le nostre anime morte. Lasciamole lamentare, gridare giustizia. Abbandoniamo il passato a chi ne è stato il colpevole e rendiamogli onori. Chiudiamo il cuore ai richiami di ciò che non c’è e guardiamo il futuro. Quello dei sogni, quello dove ci aspettano i desideri. Quello dove il passato è solo un ricordo. E, forse, nemmeno quello.

A tutte le vittime del terrorismo e a te, P.

Raffaele Nappi

lunedì 7 maggio 2012

Rom Bastardo!



Questa notte, dopo gli eventi accaduti a Pescara in seguito all’omicidio di un capo ultrà da parte di un nomade, mi è venuta voglia di saperne di più di questo popolo di cui tanto si parla, non  solo in Italia. Ho cominciato a mettermi su YouTube per cercare video e documentari che trattassero del tema. Ne ho trovato uno realizzato dalla rivista Focus. Ciò che più mi ha colpito, però, sono stati i commenti posti sotto. Ho cominciato a leggerli. Razzismo, rabbia, odio, violenza. Non aggiungo altro. Ho deciso di postarveli tutti per farvi capire di cosa si tratta. Se il livello di civiltà di un paese si misurasse dalla sua tolleranza penso che l’Italia starebbe più in fondo del fondo delle classifiche. E non sono pessimista di natura. La mia riflessione tocca anche un altro punto. Meccanismi democratici come YouTube  e i social network troppo spesso stanno rivelandosi luoghi senza regole, dove sfogare il proprio odio, quasi come si fosse allo stadio. Mi chiedo se la polizia postale sia sveglia, se le istituzioni possano fare qualcosa, se le leggi siano aggiornate al tempo che viviamo, se la tanto decantata libertà della rete non sia solo un modo per amplificare ciò che di male c’è in ognuno di noi.

* Non leggete se non volete rovinarvi la giornata


Dovete morire rom bastardi schifosi
Fate diventare razzista anche le migliori delle persone. se i rom sono così bravi perchè allora neanche la Romania li rivuole ? perchè addirittura in un paese dell'est europa li voglino castrare
PIOMBO SU TTI I ZINGARI, RAZZA DA ESTIRPARE!
TU senti qua forse al nord si cagano sotto di voi , vieni nel paese mio in provincia di caserta e prova a rubare una macchina, o vieni fuori un bar e fai lo scemo vedi cosa vi combiniamo
A Pescara addirittura sono entrati in un 'appartamento per uccidere un ultras del Pescara 2/5/2012! Non hanno aspettato fuori o teso un agguato ma una vera irruzzione nell'appartamento! Siamo arrivati davvero al capolinea! Poi si dice che il fascismo era un male!
io li ucciderei tutti senza pietà con un lancia fiamme!!! devono essere cancellati dal mondo!!
Sono la spazzatura dell’umanità
Siete lo schifo dei balcani... gli albanesi rumeni bulgari vi sputano addosso..
diamoli alle fiamme e non se ne parla più(ma valgono il prezzo della benzina almeno?????)
Mi spiace che il concetto si sia perso in insulti infantili. il punto è che ste merde (dall'india) in primo luogo non sono europei, in secondo luogo sono geneticamente delle merde, scusa non trovo altro aggettivo per sintetizzare carattere, infamia ecc che tutte ste merde hanno. sono da bruciare, e chi dice il contrario gli auguro che uno di loro gli fotta un figlio, cosi gli passa la voglia di fare i perbenisti di sto cazzo.
Venite a Napoli che vi diamo fuoco ancora
Ciao, precisamente il 40% dei carcerati sono immigrati. tolti gli immigrati risolviamo il problema del sovraffollamento carceri.
Sono da infornare e basta, c’è poco da dire.Oppure metterli una micro-bomba negli abiti che esplode appena toccano qualcosa
Risposta dei rom e voi i vostri mafiosi riportatevili in italia morti di fame !!! parlate tnt ma ai vostri italiani nn pensate? sn pegio dei rom . testa di cazzo gli italiani puzano piu dei rom si metono profumi xk puzano x naskondere la vostra puzza italiana di merda!
Bruciare gli zingari ok,ma non condivido insieme ai napoletani o meridionali;siamo tutti italiani,non scanniamoci almeno fra di noi.
Sn con voi ragazzi avanti cn siete gente che non vale un cazzo.ma a me non mi avete mai fatto paura.anzi quando vedo uno di voi mi prende per istinto di riempirvi di cazzotti.sai,con quelle facce da cazzo che vi ritrovate.comunque al 98% dei casi o scappate o abbassate la capoccia.raramente ho il disonore di mettervi le mani addosso.perche' siete dei miserabili codardi e pure infami.solo alle spalle potete prendere la gente.i raid e la benzina bruciamoli tt cm l imondizia tanto sn uguali
LA PROSSIMA VOLTA CHE C'E' DA BRUCIARE UN CAMPO DI ZINGARI CHIAMATEMI CHE PARTECIPO VOLENTIERI
Ci voleva Aushwitz altro che villette
6 il rambo dei miei koglioni.dimmi dv abiti dammi la via la citta . ks vengo a trovarti .se pensi o paura di merdacia km te tò la mia via.MERANO (BZ) PRENDI LA A22 .via roma 198.se sei ks forte vieni.seno dammi la tua via ;)
Informati prima di parlare zingaro di merda puzzolente, lo stato italiano ha purtroppo costruito villette per i rom e le ha assegnate a loro (con un sussidio d'affitto di 500euro mensile), cerca su google "villette rom coltano" e non solo a coltano le hanno assegnate ai rom. vai a fare in culo faccia di cazzo, parassita dell'Italia torna da dove sei venuto e lavati perchè puzzi di merda
Quelli come te li prendo a cazzotti in bocca fino a che non respirano piu'.vattenaffanculo da dove sei venuto merda!!!
Sono sudamericano e se qualcuno toca a mia gente lo amazzo a tiro come fasciamo con el kukluxklan in america noi sapiamo difederni abbiamo tutti una pistola e diamo nella testa con noi nessuno fa il razzista i room devono imparare a difendersi coltellata pistola molotov risposta alla agressione i room sono deboli
larve della vita
infatti il nostro non è razzismo, la nostra è solo identità nazionale per autodifenderci dagli invasori. Nobis Amico!
Zingari bastardi...io li odio infatti quando li incontro li guardo male,così il primo che dice qualcosa io spaco botilia,ammazzo famiglia,e trombo figlia!!!!
Siete dei pezzi di materia informe...comunemente chiamata merda!!!

Ecco il link della pagina, controllate di persona:



Raffaele Nappi

sabato 5 maggio 2012

CineMa


Umberto D. Italia 1952 di VITTORIO DE SICA con CARLO BATTISTI, MARIA PIA CASILIO, LINA GENNARI, MEMMO CAROTENUTO
Abbiamo scelto Umberto D. come primo soggetto della nostra rubrica perché crediamo che, a sessant’anni di distanza, sia ancora attuale. La storia di quest’uomo, che dopo tanti sacrifici (un trasferimento a Roma, una stanza in affitto, trent’anni di servizio al Ministero dei Lavori Pubblici, una vita in solitudine) si trova a dover fronteggiare l’umiliazione e la vergogna della povertà, rispecchia specularmente quella del pensionato medio di oggi: la difficoltà di arrivare a fine mese, la costrizione a vendere ciò che gli è più caro per racimolare qualcosa, le file alla Caritas, decine di anni di lavoro per vedersi tutte le porte sbattute in faccia, ritrovarsi soli al mondo senza neanche i propri familiari, gli unici che potrebbero – e dovrebbero - capire.
Umberto D. , scritto e sceneggiato da Cesare Zavattini, è indubbiamente uno dei più grandi capolavori del cinema neorealista, dove la realtà ci viene presentata nelle sue crude e oggettive fattezze, in un mondo privo di compassione ed empatia, in cui si può contare sulla compagnia di un cane (Flaik) più che di un essere umano. Il personaggio, interpretato intensamente da Carlo Battisti (docente di Glottologia, alla sua prima e unica partecipazione cinematografica) viene ridotto a non poter più sopravvivere economicamente. Lo vediamo partecipare ad una manifestazione di pensionati per chiedere un aumento retributivo subito sgomberata dalla polizia; poi in fila alla mensa dei poveri per un pasto caldo da dividere con il suo fidato Flaik; cercare di vendere il suo orologio per una modicissima cifra pur di racimolare qualcosa per pagarsi l’affitto; litigare con la padrona di casa per evitare lo sfratto; fingersi malato per risparmiare sul cibo; rischiare di perdere il suo unico compagno; elemosinare; tentare il suicidio.
In conclusione il film offre uno spaccato di vita quotidiana italiana senza sentimentalismi né retorica mostrandoci, nelle scene finali, un Umberto Domenico Ferrari rassegnato ma allo stesso tempo consapevole di avere ancora una dignità, nonostante venga sopraffatto e schiacciato da una società che ormai non prova pietà né compassione nei confronti di chi ha servito per essa e ci ha creduto. Bella ricompensa!

Marco Dubbioso
Domenico Nappi

giovedì 3 maggio 2012

Calzone Ripieno


Torna l'oramai classico appuntamento con Le Ricette dei Malaffamati

Crescione ripieno
Il frigo piange e la fame incalza? Nella dispensa solo scarti di avanzi di avanzi? Procedete allora alla preparazione del calzone ripieno o crescione che dir si voglia. L'impasto è molto simile a quello per la piadina ma non del tutto uguale. Il calzone è da sempre il metodo per mettere su un pasto dal nulla e riciclare le ultime due fette di prosciutto e il residuo pezzetto di formaggio che tutti hanno nel proprio armadio del freddo (tanto per definire in modo anacronistico il frigorifero) .
Il mio consiglio è di preparare i crescioni ad una cena tra amici facendoli tutti di gusti diversi e servendoli a caso nel piatto del commensale. Chissà quale mi sarà capitato?!

Costo
Non chiedetemi il costo perché dipende da cosa usate per farcire.
L'impasto base è dato da farina, acqua e olio o strutto dunque lascio a voi i calcoli da brava massaia ragioniere.


Ingredienti                                                                                                             per 4 crescioni      
320 grammi di Farina
40 grammi di Strutto (o equivalente d'olio)
Acqua Tiepida
1 pizzico di Sale
Pepe

Procedimento
Mescolare in una ciotola la farina, il sale,una presa di pepe e lo strutto con l'acqua tiepida fino ad ottenere un impasto morbido ma sodo che non si appicchi alle mani.
Lasciate riposare l'impasto coperto con un panno umido per evitare che si secchi, per circa mezz'ora durante la quale potete iniziare a preparare il ripieno.
Passato il tempo previsto preparate un piano di lavoro infarinato e dividete l'impasto in quattro palline  e stendete una pallina alla volta con mattarello imprimendo una forma tonda con un diametro di circa 15 centimetri o poco più.
Ora dividete idealmente in due lungo il diametro il crescione e posizionate il ripieno su una sola metà lasciando un margine lungo il bordo.
Ora chiudete il crescione a metà facendo aderire i bordi schiacciandoli con una forchetta.
Cuocete sulla piastra o padella antiaderente fino a doratura.


Consiglio: Per il ripieno evitate cibi eccessivamente liquidi come mozzarella o pomodori perché vi rovinerebbero l'impasto.
Se comunque li volete usare, impiegate mozzarella per pizza e i pomodori privateli dei semi e magari scottateli un po' in padella prima dell'uso in modo che perdano l'umido e fate lo stesso anche per le altre verdure.
Il ripieno deve essere già stato cotto se è da cuocere poiché dentro il calzone si riscalda solo



Le Delizia di Francesca Piersanti