mercoledì 28 settembre 2011

Ciò che rimane di un vagabondo


Cosa accade quando la tempesta è passata? Ciò che rimane somiglia ad un tramonto bagnato, che sa di sangue. Come si sente il vincitore a fine battaglia? Forse la sua spada sta ancora arroventando il cuore del nemico, ma il suo pensiero si allontana sulle ali, rimuginando desideri sdoganati. La tempesta è passata, il guerriero ha vinto, ed allora, alla fine, cosa rimane? Rimani tu. Rimane quella sensazione di pienezza che mi appaga le giornate. Rimane il sorriso che non ho espresso e che mi fa star male. Rimangono tutti i miei errori, da ricordare con elasticità estrema ancor più delle gioie. Rimane la gioia di un percorso che mi ha trascinato in un vortice di affetto, che, senza rendermene conto, ha sconvolto in ogni singola parte la mia vita. Ed allora scuotimi, o vita, scuotimi ancora come foglie autunnali. Se tutto somiglierà a questo viaggio sarò per sempre vagabondo.

lunedì 26 settembre 2011

Scherzi incrociati


Il signor Morleo avevo impiegato tutta la vita per raggiungere l’obiettivo: diventare un dottore. Quella riverenza, quella potenza che l’avrebbe circondato ad ogni suo passo lo coccolava nei suoi pensieri meno leciti ma più agognati. Aveva sacrificato tutta l’infanzia, per non parlare dell’adolescenza. Restava a casa ogni qual volta c’era la possibilità di una passeggiata con un conoscente, rapito dal raptus di conoscenza e dall’ardore di crescita. Doveva farcela. E ce la fece. Ricorda come il secondo appena passato l’istante in cui fu nominato, letteralmente, per la prima volta Dottore in Medicina e Ortopedia.

Dottore, finalmente. Dottore, dottore, dottore. Salve dottor Morleo! Salve a lei signora. Mi scusi dottor Morleo, non si preoccupi, non mi disturba signore.
La vita s’era livellata sul piano sequenziale degli eventi, senza scosse, senza ripensamenti.
Quel giorno, il dottor Morleo, stava visitando un vecchio orgoglioso, finito con il culo per terra a forza di camminare tra una stanza e l’altra senza l’aiuto, meschino, del bastone. Quel bastone era la sua vergogna, la testimonianza terrena del fallimento venuto in compagnia dell’età. L’orgoglio, solo quello rimaneva a colmare un corpo oramai tremolante e rugoso.

Quel giorno, quella visita fu più normale del solito. Un’operazione di routine, non troppo rischiosa. L’ennesima dimostrazione al mondo delle capacità di vittoria che la volontà può raggiungere. L’operazione arrivo, ed anche il successo scontato. Complimenti dottor Morleo, lei mi ha rassicurato! È stata una sciocchezza signora, è andato tutto per il meglio. I valori sono nella norma e, nel giro di qualche giorno, vostro marito potrà tornare finalmente a casa.
L’ennesima vittoria, l’ennesima consolazione riuscita. L’ennesima opera di bene. Sarà proprio il paradiso ad attendermi. Non potranno fare diversamente!

Il signor Diogene tornò a casa, addirittura un giorno prima dalla data prestabilita. Per lui tutto era diverso, ora che una lunga e lenta riparazione lo aspettava nel resto dei suoi piagnistei. Ora, oltre al bastone, ci sarebbe stata una orribile sedia a rotelle sotto il suo sedere appena calcificato. Una vergogna ancora più grande di quella precedente. La prima sera tutto trascorse nella norma. Solo un singhiozzo accennato, timido, sussurrava alla notte di trascorrere presto. Quel singhiozzo, non era di una donna.
Tutti i figli erano tornati da ogni angolo per sincerarsi delle condizioni del capofamiglia, e, la mattina seguente, la casa era piena di domande preoccupate. Come stai, come ti senti? Sono stato così in pensiero! Diogene voleva solo essere lasciato in pace, con la sua vergogna mischiata al dolore. Tutti i figli, decisero di rimanere per qualche giorno, prima di tornare agli angoli della terra. E per l’occasione la stessa sera si preparò una festa enorme per celebrare la guarigione del Papà. Solo a quel pensiero, il signor Diogene sentì tutto il suo orgoglio salirgli per la gola. La rabbia si concentrava nelle sue vene, mischiandosi al sangue oramai lento. Voleva solo stare in pace. E soprattutto, in silenzio. Silenzio.

La sera arrivò prima del previsto, e tutti i preparativi furono ultimati a tempo di record. Il signor Diogene però, accecato dalla rabbia o dalla paura, non riuscì a sollevarsi dal letto, rimanendo immobilizzato nella posizione meno signorile della storia. Era il punto limite. I figli, decisi oramai a non lasciare tutto intentato, si spostarono nella sala accanto e, sommessamente diedero inizio alla celebrazione. La benedizione arrivò dallo stesso signor Diogene, che, immediatamente dopo però, fu lasciato solo, all’oscurità nel suo letto, a favore dello spettacolo del secolo sulla tv.

Gli sguardi erano tutti rapiti da quelle immagini così immaginate da diventare reali per ognuno in maniera diversa. Tutti vedevano la propria realtà riflessa in uno schermo. Era semplicemente fantastico. Nessuno però si accorgeva che, contemporaneamente, un piccolo singhiozzo, simile a quello della notte precedente, si immergeva timidamente nel silenzio della stanza vuota e buia, all’altro lato della parete.
Quelle urla, quegli schiamazzi pieni di divertimento, avevano avvilito il capofamiglia. Il signor Diogene non riuscì a tollerare una vergogna simile,e, una volta che le feci bagnarono il suo letto, se ne andò in Paradiso o in un posto simile.
Le grida, solo 5 minuti dopo, si fecero ancora più forti, guidate dal terrore sovrano nelle menti dei figli. Un padre, completamente sulla via della guarigione, morto inspiegabilmente in un letto delicato nel momento del riposo. Era tutto senza spiegazione. Fu proprio il figlio più grande a balenare la prima idea di vendetta. Era proprio colpa del dottor Morleo, era solo questa l’unica spiegazione possibile. Ci doveva essere stato un errore durante l’operazione, nascosto da quel piccolo dottor così timido ma altrettanto attaccato alle guarigioni come vittorie.

Qualche notte dopo, solo qualche notte dopo, il dottor Morleo fu svegliato in sonno da una telefonata inaspettata…
Il processo fu breve e sensazionale. Ma come, proprio il dottor Morleo? Non ci credo! Era una così brava persona!
A non crederci fu lo stesso piccolo dottore, quando il giudice pronunciò le parole della sentenza.


Oggi, dopo 13 anni, c’è stato un decesso nel carcere della città. Un dottore, un piccolo dottore di nome Morleo, è stato sopraffatto dalla malattia, o forse dalla vecchiaia. Era una persona rispettabilissima, ma fu condannato all’ergastolo. Dicono che non abbia mai tentato di ribellarsi a questa sentenza. Dicono che non abbia mai proclamato la sua innocenza. Dicono che pochi istanti prima di morire, abbia sussurrato al silenzio un singhiozzo timido e rassegnato.

mercoledì 21 settembre 2011

Non lasciarmi

Mi hanno tolto anche il sorriso, al di là di sfortune o fortune della vita. Non mi va, questa volta, neppure di muovere un muscolo della faccia, voglio mandarla senza tono davanti a tutti, non ce la faccio. Ho rovinato tutti, per colpa mia tutto s'è sfasciato, ma giuro che non volevo. Non mi dispiace per me, ma soprattutto per voi. Farei di tutto per vedervi sorridenti sinceramente. Io non conto, contate voi. Conti tu. E adesso, mi viene un'enorme paura di perderti, di non averti più vicino in questo momento così duro per me. Voglio averti vicino, voglio sapere che ci sei, solo a pensare mi sento vuoto e traballante. Scusami se non continuo. Nessuno mi capisce, spero che solo un po' tu lo faccia, perchè ora, solo tu, SOLO TU, puoi togliermi questa volto morto dalla faccia.

martedì 20 settembre 2011

NUVOLE AZZURRE


Oggi, quando ho levato il capo, ho trovato un azzurro vero disegnato nei miei occhi. Non c’era da pensare molto, era tutto lì, quello spettacolo inaspettato, ma forse dovuto. Ed allora ho pensato a te, eterna certezza temporanea, che ti confondi in questo mare di secondi con il vento che accompagna lo scorrere del tempo. Mi sono ricordato dei tuoi sorrisi gentili, quelli superbi e quelli infantili. M’è tornato alla mente un frammento di giorno vissuto, un attimo incastrato tra le rocce dell’infinito. E t’ho trovato di fronte a me, ancora una volta, piena di quello sguardo incantato, allucinante per un piccolo impiegato. Mi sono commosso al solo pensiero di averti conquistato, senza lacrime di vergogna a far da contorno. Se quest’azzurro veste magnificamente il cielo è colpa delle nuvole, che lo rendono meraviglioso. Ed io mi specchio in questa tua meraviglia…

lunedì 19 settembre 2011

Odio le persone che si arrabbiano, che perdono la calma immediatamente senza dare la possibilità di controbattere un minimo ragionamento. Odio le feste, perchè non mi piace sorridere forzatamente davanti a tutti. Odio tutti quelli che si lamentano perchè la vita è troppo dura: FORSE NON HANNO MAI SAPUTO COS'è LA VITA PER QUELLI CHE DAVVERO NON HANNO FUTURO. Ho visto un bambino, oggi, che piangeva disperato. Più tardi, più lontano, ne ho visto un altro. Uno aveva perso un telefonino, l'altro aveva la gamba penzoloni, addentata da una  mina puttana che si nascondeva sotto la merda di macerie. Vi odio inconsapevoli fortunati.

Corro agli assalti!

Ci sono, anche io. Ed allora corro agli assalti, unito in battaglia dalla forza che non mi sostiene, ma che cerco in ogni sguardo che ho intorno. Quanti leggeranno queste parole, pochi. Forse nessuno. Ma il cielo continua a premere sul suo interruttore, non si spegne. Ho una storia da raccontare. Mille, cento, o forse nessuna. Le scriverò appena mi verranno in mente, straziandomi il cervello di squarci di vergogna. Ed ora, visto che la vergogna è già venuta a farmi visita, devo inviare tutto, senza rileggere, e poi spegnere con brutale velocità tutto lo schermo. Il tempo è passato, forse troppo lento, nel momento di morire. Ed io Ti Amo.