mercoledì 28 marzo 2012

Fiaba?



In un piccolo paese del Perù viveva una famiglia di contadini. Lavoravano tutti, padre madre e figli. Pan, era la più piccola. La gente del posto non aveva mai visto una bellezza così forte, quasi pericolosa.
Lavoravano dalla mattina alla sera, senza un attimo di sosta. Con quello che guadagnavano a stento riuscivano a vedere le stagioni passare. Un timido giornalista passò di lì insieme alla sua troupe, avido di storie da raccontare all’altra parte del mondo. Il ragazzo aveva studiato anni e anni sui libri dell’università, ma sul campo aveva qualche problema a rapportarsi con gli altri. Semplicemente balbettava. Si avvicinava con timore all’intervistato e gli poneva con riverenza le sue scrupolose domande, pronto a registrarle immediatamente sul suo taccuino e nella sua mente.

Quando vide la famiglia il ragazzo rimase ancor più imbalsamato. Era immobile, quasi sembrava scemo. Erano gli altri, adesso, a porre le domande a lui. si ritrovò adagiato su un letto di paglia, guardando il soffitto di una lurida stanza. Si alzò di scatto, tremante. Aveva perso la sua troupe, non ricordava dove fosse il taccuino con il registratore. Era completamente spaesato in un paese senza confini. Cominciò a guardarsi intorno. Il pavimento era quasi nero; sembrava il piano di una stalla. Le pareti erano graffiate in più punti, la finestra quasi penzolava. Sì alzò in cerca di qualche figura umana. Cercò una porta dove trovare rifugio al suo batticuore. E lì, dietro quel solco, vide, per la seconda volta nella stessa giornata, l’elemento che gli cambiò la vita.

Una figura snella, quasi eterea. La sua pelle scura rimbombava maledettamente bene contro il panno giallo che le drappeggiava il corpo. Lo sguardo, fermo e orgoglioso, rivelava la fierezza di una bestia. I capelli scuri le macchiavano il capo, come una cascata di acqua limpida sulla pietra levigata. Il cuore di quel timido giornalista esplose in mille e mille battiti, improvvisi e inseparabili. Inarrestabili. Quel piccolo ragazzo partito per girare il mondo, per scappare alla ricerca di una verità che era solo in fondo a se stesso, si innamorò. Successe tutto all’istante, senza un destino ad architettare le carte, senza un preavviso opportuno. Il cuore non resse. Galoppava senza sosta verso l’ostacolo, e lo superava ad ogni momento, ad ogni salto. Il battito sussultava in un moto accelerato perpetuo, insaziabilmente affamato. Cadde a terra, privo di sensi. Si bloccò all’istante, ingozzato di vita, quel cuore. Rimase tremante per un grappolo di attimi in quel corpo scosso sul pavimento. Poi, con un ultimo fremito, si spense per sempre. Rimase contrito in una morsa strana, avviluppato su se stesso.

Il corpo del giornalista timido fu sepolto nel campo di quella povera famiglia. Al momento della sepoltura una belva dallo sguardo nero, coperta da un drappo giallo, piangeva silenziosamente. Forse anche lei aveva voglia di innamorarsi.

Raffaele Nappi

Nessun commento:

Posta un commento