domenica 8 aprile 2012

Resurrezione


Il pazzo camminava per la città, bagnandosi fino alle ossa con le gocce che cadevano a grappoli sulla sua testa. Danzava, girava su se stesso, sorrideva. Qualcuno si affacciava alle finestre, i bambini chiamavano le madri per venire a guardare. Nessuno si avvicinava; lo lasciavano gioire di quella sua sempiterna follia privata, incapace di far male o forse incapace di comunicare. Il pazzo si batteva il petto senza dolore, rideva senza respiro, batteva le mani e i piedi in terra, cantava lodi, inni, con voce sempre cangiante e pura, e poi sussurri, e poi grida. Il pazzo apriva gli occhi fino a guardare dietro il cielo, scopriva la verità delle cose immerso nella solitudine della piazza, giocava con le anime che lo stavano a guardare. Tutti i cittadini di quel borgo, quella domenica, scordarono presto ciò che avvenne. Un pazzo in strada, sotto la pioggia, a dimenarsi. Un folle. Un idiota. Un povero barbone. Un mentecatto. Nessuno, però, potrà mai dimenticare il sorriso di quel giovane, e la sua risata divina, quando, cantando inni, si elevò fino al cielo. Nessuno lo rivide. Mai più.

Raffaele Nappi

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