sabato 21 gennaio 2012

Sogni d'un maestro


Le spalle sono rivolte al pubblico, senza rancore. Gli occhi di quarantadue volti lo seguono ad ogni gesto, impazienti. La musica non è ancora cominciata ma il maestro è già sul palco. Lui, vestito del nero più elegante della notte, immerso nella saggezza dei suoi sfiniti capelli bianchi. Non perde vigore, lui, il maestro. Non cerca nuovi successi di critica, non vive per quelli. Non ama sentire l’ovazione del pubblico a fine spettacolo, quando per un attimo è silenzio, solo silenzio; poi c’è baccano. Uno schioccare di mani volgare che non esprime il suo amore per la musica, quella vera. Ha passato una vita immerso tra le righe di uno spartito, il maestro. Nemmeno quando mangiava scatolette di latta s’è maledetto; il suo sogno musicale ha dominato la potenza dello spirito, incatenandolo alla speranza. Ora, ora che si trova immerso nel silenzio, sulla posizione precisa del palco, le spalle rivolte al pubblico, gli occhi di quarantadue volti che lo guardano, lui, il maestro, si sente a casa. Piange e ride, ma non si piega. Si gode ogni singolo battito di quel silenzio come gocce d’oro che illuminano il suo cuore. Ci siamo. La mano comincia a muoversi. No, aspetta ancora il maestro, si gode fino all’ultima stilla d’oro quelle particelle di secondi. Il maestro fa l’amore col tempo. Poi, come ogni cosa che sia matura in primavera, decide di ritornare a vivere nel mondo dei sogni, dove le sue idee si trasformano in musica pura, e pura armonia. Le mani danzano leggere, senza essere controllate dal cervello. È l’idillio raggiunto sulla terra grazie all’imitazione del suono umano. È l’apocalisse musicale. È la consacrazione del successo. Il maestro si volta per inchinarsi, ripetendo il gesto più volte. Ringrazia il suo pubblico troppo caloroso, in ogni singolo orecchio che ha partecipato alla creazione del mito musicale umano. È commosso il maestro, nasconde il suo viso al pubblico. Si guarda intorno, pieno di commozione. C’è il vuoto ad abbracciarlo, e la strada piena di passanti somiglia a un palco oramai abbandonato.

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