martedì 24 gennaio 2012

Il ladro gentiluomo


La dignità ha sempre un valore cangiante
Il volto era già coperto prima di mettersi in azione. Nero, come la notte, in pieno giorno. Solo due fessure si distinguevano sulla faccia, rivelando quegli occhi tremanti e paurosi. La pistola in pugno, giocattolo. Il passo sincopato, come una gazzella morente. La scena fu breve e diretta, come girata da un gran regista al cinematografo. Un uomo, col volto nero, entrava in uno stabile affollato, porgeva tremante la pistola verso chi lo guardava, cercando soldi, soldi, soldi. La voce non era determinata, i gesti arruffati, ogni suo movimento emanava indecisione. Gli sguardi che si mischiavano col suo parevano biglie impazzite e rabbiose che gli attraversavano l’animo in cerca della giustizia. Lo scopo fu raggiunto, la rapina portata a termine. Ma nulla impedì al ladro gentiluomo di arrossire deliberatamente sotto quella tela nera che gli copriva la faccia avvampata dalla vergogna.
Quella sera un uomo rientrò nella sua abitazione, mentre fuori il gelo continuava il suo regno inattaccabile dell’inverno. L’uomo, lacrimante, poggiò una busta bianca quasi rotta sulla tavola, senza salutare nessuno. La moglie lo aspettava dal mattino, ansiosa. Lui si diresse immediatamente nella stanza da letto, al quarto piano di un condominio senza ricchi. Salutò la bambina distesa sul letto che aveva tutti i suoi ritratti, le accarezzò follemente il viso senza svegliarla e aprì la finestra.
Trovò il vuoto ad accoglierlo, pieno di quella dignità che aveva perso la mattina nell’edificio affollato.

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