Vecchi come la vita. Vecchi che urlano senza rispetto, nascondendosi dietro la loro finta sordità. Vecchi che sbraitano come elefanti, sbuffano, ridono, si contorcono con rumore pur di farsi vedere. Vecchie con rughe truccate dal tempo e dal colore del rimmel che si impantana nel fango dei loro volti. Vecchie che si alzano su tacchi come trampoli, per poi cadere spezzate nelle ossa e nell’anima. Vecchie che hanno perso il senso del rispetto per il mondo e per tutto quello che hanno intorno. Vecchie che credono di essere autosufficienti, vecchie che vogliono comandare quel che resta del loro tramonto. Vecchie padrone di una vita che non è più la loro. Vecchie, non anziane. Rotte, non ammaccate. Vecchie barbute, vecchie coi capelli raccolti, vecchie che confabulano per confabulare, che tramano per il gusto di vociare. Vecchie che ereditano una vita passata chissà dove a lavorare o a essere lavorate. Vecchie che ricordano i ricordi del passato, facendoli vivere nel loro presente. Vecchie che tornano bambine immergendosi nella cortesia del mondo. Vecchie che vivono all’insaputa della loro vita, truccate di gioia ma ammalate di un’immortale noia.
Raffaele Nappi
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