È notte. 27 maggio 1993. A Firenze qualche vecchio dorme, pensando già alle calure dell’estate in arrivo. I giovani stanno tornando nelle loro case, qualcuno è già rientrato, qualcuno farà mattina. I monumenti troneggiano nell’oscurità, silenziosi e superbi. C’è pace tra i vicoli, il fiume scorre imperante, le stelle dormono. La Torre dei Pulci si erge tra Gli Uffizi e l’Arno. Ospita la storica sede dell’Accademia dei Georgofili. I 12mila documenti manoscritti sonnecchiano tra i cassetti. I 70mila volumi sognano tra gli scaffali della biblioteca.
La Fiat Fiorino è parcheggiata proprio sotto l’Accademia. È imbottita di esplosivo. Quando le lancette scoccano l’1 e 4 minuti un boato scuote la tranquilla notte fiorentina. Un tuono? No, c’è sereno. Uno scoppio accidentale? Forse, bisogna indagare. Un attentato? Forza, corriamo.
La via è quasi totalmente distrutta. I palazzi sono smembrati. Le macerie si raggruppano a grappoli. È notte a Firenze, ma non è un brutto sogno. I vetri esplodono, i musei vicini sono sfiancati. La città si sveglia, con gli occhi sbarrati. 48 persone sono ferite, 5 perdono la vita. Prima dello scoppio, o forse durante, o forse appena qualche millesimo dopo, Angela Fiume, 36 anni, abbraccia i suoi figli. La strage è stata assegnata ai gruppi terroristici legati a Cosa Nostra. Oggi, a distanza di 19 anni, quella mamma è ancora legata in un abbraccio profondo di vita alle sue due figlie.
Raffaele Nappi
Grazie
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