lunedì 4 giugno 2012

Cine-Ma, La Dolce Vita


La dolce vita Italia-Francia 1960, di FEDERICO FELLINI, con MARCELLO MASTROIANNI, ANITA EKBERG, ANOUK AIME’E, YVONNE FURNEAUX, ALAIN CUNY.

Quando nel 1960 ebbe luogo la prima de “La dolce vita” al Capitol di Milano Fellini fu fischiato e addirittura sputato in faccia perché secondo Cabona considerato “detrattore” dell’aristocrazia e della borghesia italiana dell’epoca; anche Mastroianni venne insultato. La pellicola, la sera stessa, venne ritirata per motivi di ordine pubblico: il regista venne surclassato da telegrammi che lo apostrofavano come un comunista, un ebreo e un traditore; il Vaticano incitò i propri fedeli affinchè pregassero per l’anima del regista; l’Osservatore Romano aprì i due giorni consecutivi l’uscita con titoli come “La sconcia vita” e “Basta!”. Tutto ciò ha contribuito a creare intorno alla pellicola quel fascino del proibito che portò le folle ad accalcarsi fuori le sale cinematografiche.

Nonostante sia circondato da un alone di negatività e mistero non si può negare la grandezza e l’originalità di un film che, a distanza di cinquantadue anni, suscita ancora emozioni uniche soprattutto per le scene di forte impatto morale, culturale e psicologico.

La vita di Marcello attorno alle notti mondane di Via Vittorio Veneto (tra l’altro ricostruite a Cinecittà) in compagnia del fotoreporter Paparazzo (da qui è stata coniata l’espressione attuale per indicare i fotografi sempre in cerca di nuovi scoop) con il quale è sempre in prima linea negli avvenimenti scandalistici che contano a Roma; di donne ricche (con cui intraprendere relazioni extraconiugali); di stelle del cinema con cui balla fino all’alba e si immerge nella famosa fontana. Indimenticabili le feste improvvisate nelle ville della borghese aristocrazia romana di cui il personaggio incarnato da Mastroianni è il principale, e più richiesto, protagonista. L’insensatezza e la superficialità di questa vita porta successivamente Steiner, scrittore e conoscente di Marcello, all’omicidio dei suoi bambini e al suicidio, che in questo mondo insensibile e sconclusionato può sembrare l’unica via di uscita.

Per onorare la Repubblica Italiana, ricordiamo che la R.A.I. ebbe il barbaro coraggio di trasmettere quello che è stato considerato dai migliori critici uno dei capolavori assoluti di tutti i tempi nel 1976 ben sedici anni dopo la sua uscita.

Marco e Domenico

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