C’era una volta un piccolo folletto, troppo giovane per
esplorare il mondo e troppo grande per rimanere tranquillo nella sua stanza,
circondato dalle favole. Così, un giorno, decise di fare un patto con se
stesso: sarebbe scappato di casa. Non poteva rimanere imprigionato in quella
stanza nel cuore della sua gioventù. Il giorno successivo, nascosto da un
cappello e un mantello, i piccolo folletto abbandonò il villaggio. Nessuno
potrebbe descriverne il viaggio con parole naturali...
Appena uscito dal bosco incontrò un pescatore:
“Prendi questa barca e impegolamela e quando l'avrai impegolata disimpegolamela senza impegolarmi!”
Il folletto rimase stupito. Nell'anfratto della grotta, intanto, trentatré gretti gatti si grattavano felici.
“Scopo la casa, la scopa si sciupa; ma, se non scopo sciupando la scopa, la mia casetta con cosa la scopo?” ripeteva la donna che abitava in una piccola casa lì affianco.
“Se la serva non ti serve, a che serve che ti serva di una serva che non serve? Serviti di una serva che serve, e se questa non ti serve, serviti dei miei servi.” Rispose il padrone.
“Sa chi sa se sa chi sa che se sa non sa se sa, sol chi sa che nulla sa ne sa più di chi ne sa.” Rispose la donna.
“Sul tagliere taglia l'aglio, non tagliare la tovaglia:la tovaglia non è aglio e tagliarla è un grave sbaglio.” Cominciò a sbottare il padrone, proprio mentre si stava avvicinando il pittore Tito.
“Tito, tu m'hai ritinto il tetto, ma non t'intendi tanto di tetti ritinti!” urlò contro di lui fino a farlo diventare rosso. In quel momento una rara rana nera sulla rena errò una sera, una rara rana bianca sulla rena errò un po' stanca.
“Se il coniglio gli agli ti piglia togligli gli agli e tagliagli gli artigli” brontolava il contadino lì vicino.
“Tu che attacchi i tacchi, attaccami i tacchi. Io? attaccare i tacchi a te che attacchi i tacchi? Ma attaccateli tu i tuoi tacchi!” rispose il padrone con rabbia. “Ora, mio caro contadino, vai dal questore! Subito”
“Ho un campo di lupini da diradare; chi me li diraderà? Rispose il contadino sconsolato – e poi a quest'ora il questore in questura non c'è!”
“Ho in tasca l'esca ed esco per la pesca, ma il pesce non s'adesca, c'è l'acqua troppo fresca. Convien che la finisca, non prenderò una lisca! Mi metto in tasca l'esca e torno alla pesca.”-fece il pescatore appena accorso.
“Anche tu!” – riprese il padrone.
“Sotto l'albero del tiglio ho veduto grano e loglio e un grazioso quadrifoglio. Io cercavo l'erba-voglio, tra le foglie, sotto il tiglio, ma ho trovato solo miglio, un cespuglio di cerfoglio, fiori rossi di trifoglio. Ma non c'era l'erba-voglio!” – intervenne nuovamente il contadino.
“Porta aperta per chi porta, chi non porta parta pure; per chi porta porta aperta, parta pure chi non porta.” – urlò il servo correndo.
Il padrone stava uscendo di senno, quando apparve suo fratello.
“Che ci fai qui?” –gli disse.
“Avevo una graticola da ringraticolare. La portai dal capo ringraticolatore delle graticole, ma il capo ringraticolatore delle graticole non c'era. Allora me la ringraticolai da me e me la ringraticolai meglio del capo ringraticolatore delle graticole.” – rispose.
“Verso maggio con un paggio vo in viaggio. Non vaneggio, nè motteggio; forse è peggio! Se mi seggo, più non reggo: mangio o leggo. Se non fuggo qui mi struggo, ma se fuggo vado al poggio e un alloggio là mi foggio, sotto un faggio, con coraggio.”
“Chi sei tu?”- gridò esasperato il padrone.
“Come chi sono! Sono il barbiere!”
“Sei tu quel barbaro barbiere che barbaramente sbarbasti la barba a quel povero barbaro barbone?” – urlò il padrone sempre più irascibile.
“Quanti rami di rovere roderebbe un roditore se un roditore potesse rodere rami di rovere?”- cominciò nuovamente il contadino.
“BASTAAAAAAAAAAAAAA ZITTITE TUTTI!!!-esclamò il padrone.
“E ti stizzisci…e stizzisciti pure!”-rispose nervoso il contadino.
“Prendi questa barca e impegolamela e quando l'avrai impegolata disimpegolamela senza impegolarmi!”
Il folletto rimase stupito. Nell'anfratto della grotta, intanto, trentatré gretti gatti si grattavano felici.
“Scopo la casa, la scopa si sciupa; ma, se non scopo sciupando la scopa, la mia casetta con cosa la scopo?” ripeteva la donna che abitava in una piccola casa lì affianco.
“Se la serva non ti serve, a che serve che ti serva di una serva che non serve? Serviti di una serva che serve, e se questa non ti serve, serviti dei miei servi.” Rispose il padrone.
“Sa chi sa se sa chi sa che se sa non sa se sa, sol chi sa che nulla sa ne sa più di chi ne sa.” Rispose la donna.
“Sul tagliere taglia l'aglio, non tagliare la tovaglia:la tovaglia non è aglio e tagliarla è un grave sbaglio.” Cominciò a sbottare il padrone, proprio mentre si stava avvicinando il pittore Tito.
“Tito, tu m'hai ritinto il tetto, ma non t'intendi tanto di tetti ritinti!” urlò contro di lui fino a farlo diventare rosso. In quel momento una rara rana nera sulla rena errò una sera, una rara rana bianca sulla rena errò un po' stanca.
“Se il coniglio gli agli ti piglia togligli gli agli e tagliagli gli artigli” brontolava il contadino lì vicino.
“Tu che attacchi i tacchi, attaccami i tacchi. Io? attaccare i tacchi a te che attacchi i tacchi? Ma attaccateli tu i tuoi tacchi!” rispose il padrone con rabbia. “Ora, mio caro contadino, vai dal questore! Subito”
“Ho un campo di lupini da diradare; chi me li diraderà? Rispose il contadino sconsolato – e poi a quest'ora il questore in questura non c'è!”
“Ho in tasca l'esca ed esco per la pesca, ma il pesce non s'adesca, c'è l'acqua troppo fresca. Convien che la finisca, non prenderò una lisca! Mi metto in tasca l'esca e torno alla pesca.”-fece il pescatore appena accorso.
“Anche tu!” – riprese il padrone.
“Sotto l'albero del tiglio ho veduto grano e loglio e un grazioso quadrifoglio. Io cercavo l'erba-voglio, tra le foglie, sotto il tiglio, ma ho trovato solo miglio, un cespuglio di cerfoglio, fiori rossi di trifoglio. Ma non c'era l'erba-voglio!” – intervenne nuovamente il contadino.
“Porta aperta per chi porta, chi non porta parta pure; per chi porta porta aperta, parta pure chi non porta.” – urlò il servo correndo.
Il padrone stava uscendo di senno, quando apparve suo fratello.
“Che ci fai qui?” –gli disse.
“Avevo una graticola da ringraticolare. La portai dal capo ringraticolatore delle graticole, ma il capo ringraticolatore delle graticole non c'era. Allora me la ringraticolai da me e me la ringraticolai meglio del capo ringraticolatore delle graticole.” – rispose.
“Verso maggio con un paggio vo in viaggio. Non vaneggio, nè motteggio; forse è peggio! Se mi seggo, più non reggo: mangio o leggo. Se non fuggo qui mi struggo, ma se fuggo vado al poggio e un alloggio là mi foggio, sotto un faggio, con coraggio.”
“Chi sei tu?”- gridò esasperato il padrone.
“Come chi sono! Sono il barbiere!”
“Sei tu quel barbaro barbiere che barbaramente sbarbasti la barba a quel povero barbaro barbone?” – urlò il padrone sempre più irascibile.
“Quanti rami di rovere roderebbe un roditore se un roditore potesse rodere rami di rovere?”- cominciò nuovamente il contadino.
“BASTAAAAAAAAAAAAAA ZITTITE TUTTI!!!-esclamò il padrone.
“E ti stizzisci…e stizzisciti pure!”-rispose nervoso il contadino.
Il piccolo
folletto, rimasto in disparte, cominciò a piangere. Si alzò, attraversò di
corsa la foresta e tornò il più velocemente possibile verso la propria tana.
“Sei tornato, piccolo mio! Eravamo così preoccupati!”-esclamò la mamma con le lacrime che le riempivano gli occhi.
“Mamma ho sbagliato. Volevo vedere il mondo ma ho incontrato strane persone”- rispose il folletto, tremante.
“Il mondo è cattivo mio caro, devi stare attento”.
“Hai ragione mamma; lì fuori sono tutti caffeinomani anonimi che animano anemoni mnemonici!”
“Sei tornato, piccolo mio! Eravamo così preoccupati!”-esclamò la mamma con le lacrime che le riempivano gli occhi.
“Mamma ho sbagliato. Volevo vedere il mondo ma ho incontrato strane persone”- rispose il folletto, tremante.
“Il mondo è cattivo mio caro, devi stare attento”.
“Hai ragione mamma; lì fuori sono tutti caffeinomani anonimi che animano anemoni mnemonici!”
Raffaele Nappi
Bellissimo racconto,ma, anche un ottimo soglilingua............
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