Egregio Presidente Giorgio Napolitano,
si sa, sono tempi difficili per tutti, specialmente per noi
giovani. Ma la mia, questa volta, non è una lettera di lamentela per le
condizioni della ”categoria” cui appartengo. Vorrei porgere alla sua attenzione
un’altra questione. Dopo la pubblicazione di numerose inchieste su diversi
giornali italiani, ultima quella apparsa oggi, 11 giugno, sulla
<<Repubblica>>, sale la rabbia e lo sdegno per quello che sta
accadendo nel nostro Paese. I Cie, centri di identificazione ed espulsione,
somigliano sempre più a dei veri e propri lager. “A Torino nel 2011 ci sono
stati 156 atti di autolesionismo, 100 per ingestione di corpi estranei e 56 per
ferite di arma da taglio. Un terzo dei reclusi assume psicofarmaci” scrive
<<la Repubblica>>. “Ci si taglia, ci si cuce la bocca, si ingoiano
pile e altri corpi estranei. Così, sperano i rinchiusi dei Cie, andranno in
ospedale e da lì sarà più facile scappare.” È una situazione vergognosa e
insostenibile per il nostro Paese, che tanto si vanta di essere una moderna
democrazia occidentale. Di occidentale, nel proposito, si nota solo la classica
prepotenza nella reiterazione della forza come unico mezzo di autorità. La
maggior parte degli “ospiti”, ovviamente stranieri, è rinchiusa in questi
luoghi senza motivo e senza aver violato nessuna legge. In un Paese civile come
il nostro, non possiamo ammettere ci siano comportamenti del genere. Durante la
conferenza tenutasi a Roma “Mediamente diversi” proprio sul tema
dell’immigrazione, molti giornalisti ed intellettuali hanno sottolineato con
forza questa situazione, denunciandone il silenzio che si è generato intorno.
Ad oggi, è vietato ai giornalisti accedere a queste strutture, e se ciò accade,
lo si fa con largo anticipo, per avere tutto il tempo di “preparare la scena”.
Tutti questi episodi denigrano la categoria dei giornalisti, oltre a calpestare
i diritti dei migranti e il concetto di verità stessa. Le chiedo, con tutta
l’umiltà della mia posizione, di prendere provvedimenti drastici in merito alla
questione, di intervenire in maniera dura e chiarificatrice. Proprio in questi giorni è in corso un’ispezione
nei suddetti centri, ma, come già spiegato, i risultati potrebbero essere
drasticamente lontani dalla realtà. Con il potere in suo possesso, potrebbe
raccogliere gli sforzi di tutti quei giornalisti che lottano ogni giorno per
smascherare tali ingiustizie e raccontarle all’opinione pubblica. Potrebbe invertire
la rotta che, purtroppo, sta dirigendo il nostro Paese su posizioni sempre più
intransigenti nei confronti di fenomeni migratori, e nei confronti della
diversità in generale. In giorni come questi, mentre la popolazione è distratta
da partite di calcio e crisi finanziarie, potrebbe dare un segnale forte, un
segnale di dignità e di umanità dell’Italia. Un Paese in cui la civiltà non è
solo simbolo di ciò che è stato, ma anche di ciò che è, e di ciò che sarà.
Raffaele Nappi Roma, 11 giugno 2012
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