sabato 21 aprile 2012

Diaz!



Ho paura. Mi tremano le mani. Mi trema il cuore. Sono distesa faccia a terra e, se qualcuno potesse vedermi, direbbe che sto quasi pregando. I pensieri volano nel mio cervello come pipistrelli neri e oscuri che svolazzano tra i neuroni e i capelli, portando terrore. È forse questa la paura? Gli altri mi urtano, li vedo scappare in ogni direzione. C’è confusione. Forse, c’è paura. Fuori, il caos. Qualcuno corre su, spinto dall’istinto di fuga o di lotta o di terrore o di rabbia, o di qualsiasi sentimento che sia concepibile dalla mente umana. Il mio corpo è in fibrillazione, l’anima lotta per fuggire, la vedo che si spinge in avanti, la vedo declinarsi in mille forme, tutte fuori da me. Sento voci di lamenti e di rabbia, che rendono l’aria piena di lettere nere. C’è confusione. Anche in me. Non so che fare. Scappo, mi alzo, mi fermo; salgo al primo piano, poi riscendo. Le scale mi fanno paura, e poi sono piene di gente. Nel caos intorno a me guardo i miei vestiti. Che buffi. Ho comprato questa maglia a Dublino, lo ricordo ancora. E il bracciale, poi, che spasso la storia del bracciale. Persi una nave pur di portarlo via da quel mercato marocchino. Il caos, ora, mi fa da conforto. Sento che mi protegge. Fuori regna la potenza delle cose. Sento i colpi al cancello, sento il rombo di un camioncino. Sento battiti alla porta. Sempre più forti, sempre più forti. Le grida aumentano. Ora so che cos’è la paura. Il mio sguardo si posa di nuovo verso il basso. Quella cicatrice, quanti ricordi. Sì. Ero con mia sorella sull’altalena. Caddi all’indietro con braccio su una pietra che aveva deciso di stabilirsi proprio lì sotto. Ogni volta che ci penso mi viene da sorridere. Sto sorridendo anche ora. Alzo lo sguardo. Appena in tempo. Sono entrati. E ce n’è uno proprio davanti a me. 

Questa è Diaz!



Raffaele Nappi

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