La mia parola è
bicchiere. Suona strana, lo so. È buffo. Il bicchiere non è mai sazio. Resta al
suo posto per ore, giorni e anni, prima di entrare in uso. Nelle antiche ville
abbandonate la polvere arriva a baciarlo, rendendolo di un grigio sabaudo. Nei
piccoli appartamenti di città il bicchiere è viscido, sempre unto. L’acqua
rimane incastrata a gocce sul suo bordo, pronto per essere riutilizzato. Il bicchiere
è trasparente, deforma la realtà che ci vedi intorno, cambia l’orizzonte che ne
attraversa il diametro. Il bicchiere può trasformarsi in mille oggetti, può
assumere i contorni più bizzarri, può dimenarsi nella fantasia. Il suo compito,
quello, non cambia mai. Il bicchiere è uno dei pochi oggetti democratici di
oggi. Il bicchiere è sempre pronto a raccogliere ogni minimo dettaglio. Il bicchiere
sa che potrà ricevere solo chi davvero è giusto; il resto striscerà lungo i
bordi.
Il bicchiere è ciò che più trasmette il senso di
solidarietà. Esso è pronto ad accogliere l’Altro rendendolo ospite gradito. Il bicchiere
non è mai sazio. E anche quando si ritorce, timido e a testa in giù di fianco
alle stoviglie, il bicchiere trema di gioia all’attimo in cui viene sfiorato. Sa
che è di nuovo il suo momento. E allora piange.
Raffaele Nappi
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