Le lucciole danzano in silenzio sulle loro teste. Le posizioni sono già ricoperte nella loro perfetta disposizione di guerra. Le lance squartano il cielo nero, gonfio di rabbia. La pioggia cade a goccioloni densi come proiettili, carichi della collera degli dei. L’urlo di orrore dà il via al gioco macabro. Due corse continue e opposte si sfidano in una olimpiade di velocità che ha come vincitrice solo l’urto. È il rumore di cozzaglie a dominare il ventre della terra, lì, su quell’appezzamento contadino che pian piano si colora di rosso denso. Uomini contro altri uomini danno vita al fragore dell’universo, la manifestazione prima e pura della potenza umana. Le teste volano abbandonando i propri corpi, le braccia racchiudono nella loro forza vitale il germe dell’energia elementare. Il campo diventa un palcoscenico su cui i protagonisti sono i vivi che rimangono in piedi, ancora ansimanti. E mentre le urla si confondono nella musica dello scontro le anime dei guerrieri si elevano pochi metri sopra di loro. È un’ascesa divina che avvicina il cielo alla terra, abbassando l’orizzonte. Si erge, sul trono delle anime, il dio del caos. È felice, e guarda i suoi figli lottare tra loro, fin quando non arriverà la morte a racimolare tutti i resti della battaglia.
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